
Geniale, nuova, grande letteratura
La prima sensazione avuta nell’affrontare questa nuova creazione della Perilli è stata antecedente alla lettura del testo: un’idea davvero originale, affrontare la storia della letteratura del ’900 a partire da alcuni dei profili più significativi (e non solo letterari, vedi P.P.P), non sul piano della critica letteraria, ma attribuendo loro sogni ipotetici che ne affrontino sia l’immagine letteraria che quella strettamente personale. Geniale, nuova, grande letteratura.
L’idea si ricollega a quel genere letterario non troppo usato di storie narrate dai protagonisti in sogno o in finzione letteraria, come “Antologia di Spoon River” o “Ti con Zero”, però qui a parlare non sono figure anonime quanto pilastri della letteratura.
L’ordine della narrazione è apparentemente casuale, non cronologico e neppure di importanza, sembra seguire più un concetto di complessità inerente alla ricerca bibliografica e storiografica crescente, perché qualunque superficialità è stata esclusa dalla Perilli, e il risultato letterario è frutto di un tenace e approfondito lavoro di ricerca e di studio su oltre 180 fonti.
Leopardi, la Fallaci e Leopardi
Arrivati qui, era il momento di aprire il testo (dopo averlo acquistato, naturalmente) e vedere cosa ci aspettava da buoni lettori.
Il racconto dei primi due sogni, Agata Christie e Oriana Fallaci, colpisce per la complessità della scrittura: mi sono dovuto fermare perché, nonostante io legga velocemente, ho percepito che la scrittura, peraltro molto curata e scorrevole, necessitava di più passaggi nei diversi piani di lettura presentati dall’autrice. In particolare, il sogno di Oriana Fallaci, che ripropone le dolorose circostanze della perdita di un figlio, peraltro da lei appassionatamente descritte nel suo “Un uomo”, sembra ripercorrere la sensazione di dolore della giornalista e scrittrice attraverso momenti di grande profondità di linguaggio, che frena i tempi della lettura, come se di fronte a un dolore profondo il tempo dovesse fermarsi.
Per Leopardi il discorso cambia: all’affezione per la Fallaci, fiorentina e appassionata come l’autrice, subentra una vena di malinconia che lascia intravedere un’affinità della visione e della lingua con il grande scrittore di Recanati. Immagino i momenti bui della poetica Leopardiana che ci raccontano tante incertezze sul futuro della vita di oggi e ci accompagnano e ci sostengono.



Con le tre “P”: Pasolini, Pessoa, Pirandello
Il sogno di Pasolini soffre per la frammentazione; difficile pensare a un sogno organizzato come una sceneggiatura: comunque la scrittura rimane molto alta, nonostante l’argomento delicato, e la Perilli riesce a superare lo scoglio della inevitabile scabrosità con grande autorevolezza.
Il sogno di Pessoa è una delle più belle pagine di letteratura, un incanto. Una scrittura profonda, interiore, coinvolgente. Ci ho ritrovato il Pessoa (e il Tabucchi) dei viaggi a Lisbona, ma anche l’“aura magnetica” di chi scrive la prosa con tanta poesia dentro.
Nel sogno di Luigi Pirandello si vede perfettamente riprodotto lo stile del grande drammaturgo, ornato con evidenti riferimenti soggettivi: il senso di solitudine, la maschera che di fronte al pubblico uno scrittore (o una scrittrice) deve indossare. Qui appare ancora più chiaramente come questa creazione letteraria, assai piacevole, possa essere ricondotta al genere degli esercizi di stile di Queneau, o ai sacri testi di Borges, in cui ci si maschera sotto le vesti di un altro per essere più liberi di mostrare il vero se stesso, sia come “piccolo me” che come “grande me”.



Una donna fra due uomini: Kafka, la Deledda e Flaubert
Il linguaggio di Kafka mi è sembrato sempre di difficile affabulazione, sembra spesso una donna bellissima che non riesci ad amare. La Perilli riesce qui a far emergere con grande maestria l’importanza della sedimentazione del giudizio nel tempo, la relativizzazione del nostro spirito critico con orizzonte il solo presente. Pensiamo a quanto ciò sia importante oggi, in cui le prospettive del futuro ci sembrano potersi schiarire soltanto con una revisione dei nostri giudizi in un ambito di maggiore riflessione critica, volta a mettere a fuoco prospettive diverse, visioni più ampie e universali.
Il sogno di Grazia Deledda suggerisce tante riflessioni, anche visive. In primo luogo, ci ho ritrovato il ritratto diffuso di tutte le donne sarde che conosco, orgogliose, testarde e pronte ad ogni sacrificio, con la loro terra nelle ossa e nei pensieri. Le immagini sono fisicamente precise e riescono a creare un ritratto nitido e affascinante: (…) giovane, la carnagione bianca e vellutata, i capelli scuri… e i grandi occhi a mandorla d’un nero dorato e a volte verdognolo, con la grande pupilla tipica delle donne camitiche, d’un fascino personale, irresistibile”. È sicuramente vero, poi, che “la vera vita buona è nei sogni”, per cui è inevitabile lasciarsi sognare.
Flaubert è ben rappresentato nella sua umanità, anche se manca qualcosa della sua ironia, del sarcasmo rispetto ai vizi della sua epoca. È straordinario il modo in cui il lettore si senta a contatto stretto con il personaggio narrante e sognante, davvero come egli dice, entrando in punta di piedi nel dialogo tra lettore e personaggio.



E si chiude con la Austen e Calvino
La lettura dei romanzi di Jane Austen non mi ha mai appassionato, ma la Perilli è riuscita a dare al suo linguaggio un ritmo discorsivo ed equilibrato che non avevo mai trovato nei romanzi della Austen. Emerge la figura di una donna libera e anticonformista, ma soprattutto serena. Se volessimo costruire un profilo psicologico della Perilli, da quest’opera potremmo dire “un po’ Leopardi, un po’ Jane Austen, ma con la passione drammatica della Fallaci”.
E siamo a Calvino. È molto difficile parlare di Calvino e delle sue opere. Ce lo hanno proposto dalle scuole medie come un autore per ragazzi, cosa che non è assolutamente: ai ragazzi va proposta una lettura fatta di passione, di sentimenti, di affabulazione, non di geometrie della letteratura e della vita. La lettura attraverso il sogno mette in viva luce la leggerezza, la sua ricerca del volo che non può prescindere dal lasciare a terra tutte le zavorre che appesantiscono il linguaggio visto come proiezione della nostra vita (noi siamo il nostro pensiero, oltre che la nostra infanzia). Un’altra caratteristica, la precisione, riesce comunque ad emergere dal testo. Meno precisa è l’introduzione, dove mi sembra che non ci sia il riferimento all’intervista di Enzo Biagi (si capisce solo leggendo, e non è chiarissimo se il testo sia originale).


Conclusioni
In conclusione, la lettura di quest’opera non ha tradito le aspettative nate con lo stupore per l’invenzione narrativa, così insolita e originale. Una lettura che sa essere piacevole ma profonda. Contrariamente a molte opere contemporanee, lascia impressa nella mente del lettore un’idea del sogno come vita interiore e fa dei personaggi illustri qui coinvolti dei maestri del nostro vivere presente, perché siano i sogni a guidare il nostro futuro.
Aspettiamo con impazienza un seguito di questo, che ci guidi a conoscere altri maestri, magari meno noti, i cui sogni ci possano accompagnare con tanta leggerezza e precisione.
Guido Romano
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