“Nero Vanessa” su Club del Giallo

Il blog degli amanti della letteratura gialla, noir e poliziesca – Recensione di Giovanni Di Girolamo

Nero Vanessa, il giallo-noir di Maria Rosaria Perilli

aprile 8, 2015

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“Nero Vanessa” è un romanzo del genere giallo-noir, nel senso che la trama ha l’aspetto del thrilling, ma ci sono anche diversi cadaveri e tutti di tipo seriale. Però precisiamo che l’autrice rifugge dalla descrizione del macabro (forse un poco fa eccezione solo il primo episodio, quando si vi descrive i quattro omicidi, tutti relativi a soggetti malati terminali di cancro, che vengono squartati, ma poi perfettamente ricuciti), compiacimento, questo, molto caro a certa narrativa e cinematografia americana del nostro tempo. Nel romanzo della Perilli gli omicidi (tanti, per la verità) vengono solo evocati e corredati soltanto di qualche succinta descrizione. In questo ci ricorda abbastanza da vicino la seguitissima serie televisiva dell’Ispettore Derrick, dove appunto l’azione delittuosa non veniva in alcun modo mostrata e della vittima qualche rarissimo caso veniva mostrata una fuggevolissima immagine o sequenza. E noi, che aborriamo sostanzialmente l’horror, ma abbiamo sempre molto apprezzato quella fortunata serie televisiva per la delicatezza delle immagini, pur in un contesto delittuoso, abbiamo ugualmente gradito, o diremmo meglio gustato, questo interessante libro dell’autrice fiorentina. Della trama non diciamo nulla, ovviamente per non togliere ai lettori il piacere della rivelazione del “giallo”; ci limitiamo solo a riferire che il romanzo è articolato in quattro episodi, apparentemente indipendenti fra loro, ma uniti dagli stessi personaggi: la giornalista Antonia Zeri (colei che in pratica risolve tutti i casi), il commissario Vittorio Sardi (complessato e quasi del tutto incapace, ma aiutato dagli eventi e soprattutto del contributo della giornalista), il criminologo Cesare Fabbri (che ricorre perfino ai personaggi letterari per la soluzione di casi delittuosi), il cronista sportivo Davide (sposato e con prole, ma innamorato senza speranza della giornalista), l’ematologa Silvia (della quale nell’ultimo episodio scopriamo anche una curiosa particolarità o inclinazione). In questa sede riteniamo che il nostro compito è quello di dover evidenziare gli aspetti fondamentali del libro; e noi li abbiamo individuati in due direzioni: nella straordinaria caratterizzazione dei personaggi e nello stile narrativo, personale e fortemente incisivo usato dall’autrice. Riguardo i personaggi, ad esempio è meravigliosa la descrizione che l’autrice fa del commissario Sardi, che ci rammenta in parte il Don Abbondio manzoniano: fragile, indeciso, con una situazione familiare-affettiva che più del complessato ha quasi del ridicolo. Ma anche della stessa protagonista l’autrice ci dipinge un quadro vivissimo, sia del carattere che dell’aspetto fisico, per cui la si vede con gli occhi e se ne comprende perfettamente il carattere. E così dicasi anche degli altri personaggi fondamentali. Circa invece lo stile, è forse questo l’aspetto più qualificante del libro e che testimonia la classe cristallina dell’autrice: una narrazione essenziale, concisa, a volte quasi telegrafica (specie nel primo episodio) e con una particolarità che la rende quanto mai originale, oltre che gradevole: l’uso di alcune figure retoriche, che richiamano quasi la forma della poesia, senza tuttavia che questa prenda in alcun modo il sopravvento sul percorso narrativo. Tra le figure retoriche che abbiamo individuato, possiamo indicarne alcune: – l’analessi (ossia la ripetizione continua e sistematica di un termine o di una frase, per imprimerne la caratterizzazione) – citiamo alcuni passaggi: … il suo viso pieno di lentiggini che le arrivavano ai capelli tanto ricci… (pag. 11); e qualche rigo dopo: anche per quelle lentiggini che, quando rideva, sembravano svolazzare sul viso, tra le guance e gli occhi; e ancora una decina di righe dopo: per divertirsi nel veder svolazzare le lentiggini tra le guance e il viso. Oppure, quando parla di reggiseno che la ragazza non indossa: quei jeans stretti, sulla maglietta bianca indossata senza reggiseno (pag. 65); e qualche proposizione dopo: A piedi nudi e con i jeans e la maglietta senza reggiseno. E a proposito del commissario Sardi …i piedi troppo grandi, le mani ruvide e le unghie troppo dure: espressione ripetuta diverse volte nel libro. Ma l’elenco sarebbe lunghissimo. – l’ipotiposi (ossia una descrizione vivace e pittorica, con lividezza ed efficacia di immagini, di una persona o una situazione) – a titolo di esempio riportiamo la descrizione che l’autrice fa del commissario Sardi (pag. 80): Il commissario Sardi aveva quarantacinque anni ma ne dimostrava, a voler essere gentili, una decina di più. Alto e così magro da sembrare non reggere neppure il peso della sua testa, che portava sempre chinata, come se avesse paura di guardare intorno e anche di guardarsi: sfuggiva lo specchio quanto un nemico armato, perché odiava la sua immagine di uomo deluso, con quelle guance scavate e una lanugine sottile e rada e bianca al posto dei capelli; odiava quell’ammasso di ossa torte come rami di ulivi secolari, quei piedi troppo grandi, quelle mani ruvide e dalle unghie troppo dure. Non erano adatte a toccare una donna, le sue mani, non erano adatte a sfiorarne il viso delicato, il corpo liscio, non erano mani adatte a fare l’amore, le sue. – la zeppa (ossia termine o gruppo di parole in una frase al fine di renderla più qualificante) – e qui gli esempi sarebbero diverse decine, ma per ragioni di spazio li omettiamo. Insomma, un romanzo che in qualche tratto si fa addirittura poesia, ma come detto senza che mai questa prenda il sopravvento sulla narrativa: che resta lineare, pulita, scorrevole, senza ridondanza di aggettivi, incisi e locuzioni. Dire che è bello sarebbe assolutamente poco, e di sicuro non esaustivo a giudicarne il valore letterario (per noi molto alto), oltre che per la gradevolezza. Per gli amanti, poi, del genere giallo-noir questo libro può essere considerato una vera chicca: avvincente nella lettura, originale nello stile, sorprendente nella trama e negli esiti finali. Ne consegue, dunque, che siamo di fronte ad un’autrice di rilevante spessore letterario, ma soprattutto che sa benissimo ciò che vuole e in concreto si prefigge: fare letteratura e avvincere contestualmente il lettore. Sarebbe una cosa più che logica, ma sappiamo benissimo che non è così: spesso libri cosiddetti di valore, o addirittura best-seller, costituiscono veri e propri “mattoni” di lettura. In conclusione, un libro bello da leggere, riflessivo e gratificante per il lettore, che ci prospetta un’autrice, Maria Rosaria Perilli, della quale sentiremo parlare spesso e favorevolmente in un prossimo futuro, allorché ci delizierà – ne siamo certi – di altre interessanti e gradevolissime pubblicazioni: come appunto la presente.
Giovanni Di Girolamo”

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