
Letteratura contemporanea: Michela Murgia

Podcast su DdCR – Diari di Cineclub Radio 16 agosto 2023 https://shorturl.at/chlzD
Breve biografia, trama e incipit di Accabadora
Puntata speciale, per ascoltarla clicca qui: https://shorturl.at/chlzD
Michela Murgia
Nata a Cabras il 3 giugno 1972, alle spalle una formazione cattolica, prima di dedicarsi alla scrittura Michela Murgia ha svolto diverse attività: dalla sua esperienza come venditrice telefonica è nato Il mondo deve sapere (2006), romanzo tragicomico sul mondo dei call center, che ha ispirato l’opera teatrale omonima e il film Tutta la vita davanti (2008). Molto legata alla sua terra, nel 2006 ha dato vita al blog Il mio Sinis e nel 2008 ha firmato Viaggio in Sardegna. Nel 2009 è uscito Accabadora, nel 2011 Ave Mary.
Tra le sue opere successive il saggio breve sul femminicidio L’ho uccisa perché l’amavo. Falso!, e ancora Futuro interiore, L’inferno è una buona memoria, il saggio Istruzioni per diventare fascisti, Noi siamo tempesta . Storie senza eroe che hanno cambiato il mondo. Stai zitta, God save the queer. Catechismo femminista. Infine l’ultimo Tre ciotole – Rituali per un anno di crisi, entrato subito in testa alle classifiche di vendita
Voleva “arrivare viva alla morte”, Michela Murgia, lo aveva promesso nell’intervista del 6 maggio scorso al Corriere della Sera in cui aveva rivelato di soffrire di un carcinoma renale al quarto stadio. E così ha fatto, senza rinunciare, fino alla fine, a prendere posizione, a far sentire la sua voce, a raccontare sul web tanti piccoli e grandi atti, fino alle nozze del 15 luglio «in articulo mortis» con Lorenzo Terenzi.
Si è spenta a Roma il 10 agosto 2023. I funerali si sono svolti sabato 12 agosto. Circa mille persone si sono radunate davanti la Chiesa degli Artisti a Roma per le sue esequie. All’uscita la bara, coperta da un cuscino con peperoncini, carciofi e fiori selvatici (niente fiori, è stata rimandata indietro anche la corona del comune di Roma) portata a spalla da alcuni componenti della famiglia e dall’amico Saviano, è stata accolta da un lunghissimo applauso.

Accabadora (trama)
Accabadora (Premio Campiello e Super Mondello) pubblicato da Einaudi nel 2009, è la storia di un mistero.
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un qualcosa che a Soreni si fa fatica a comprendere, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno.
Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi come “l’ultima” e per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro. Eppure c’è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi, c’è un’aura strana che l’accompagna, insieme a quell’ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte.
Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell’accabadora, l’ultima madre.
Accabadora (incipit)
Fillus de anima.
E così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un’altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo dell’anima di Bonaria Urrai.
Quando la vecchia si era fermata sotto la pianta del limone a parlare con sua madre Anna Teresa Listru, Maria aveva sei anni ed era l’errore dopo tre cose giuste. Le sue sorelle erano già signorine e lei giocava da sola per terra a fare una torta di fango impastata di formiche vive, con la cura di una piccola donna. Muovevano le zampe rossastre nell’impasto, morendo lente sotto i decori di fiori di campo e lo zucchero di sabbia. Nel sole violento di luglio il dolce le cresceva in mano, bello come lo sono a volte le cose cattive. Quando la bambina sollevò la testa dal fango, vide accanto a sé Tzia Bonaria Urrai in controluce che sorrideva con le mani appoggiate sul ventre magro, sazia di qualcosa che le aveva appena dato Anna Teresa Listru. Cosa fosse con esattezza, Maria lo capì solo tempo dopo.
Andò via con Tzia Bonaria quel giorno stesso, tenendo la torta di fango in una mano, e nell’altra una sporta piena di uova fresche e prezzemolo, miserabile viatico di ringraziamento.


